Matteo Treleani - Spettri, automi e le migrazioni degli spettatori immersivi

Dove e quando

Martedì 2 luglio 2024, h14

Aula Magna, Via Balbi 2, Genova


Spettri, automi e le migrazioni degli spettatori immersivi

Conferenza di Matteo Treleani (Université Côte d'Azur)

Immersione e interattività sembrano rispondere a due critiche classiche alla nozione di spettatore: la passività e la separazione tra scena e visione. Dalla depossessione del montaggio cinematografico descritta da Duhamel (« je ne pex plus penser ce que je veux, les images mouvantes se substituent à mes propres pensées », 1931) e ripresa da Benjamin (1939), al parallelo con la caverna di Platone nella teoria del dispositivo di Baudry (1970), l’idea di una passività delle pratiche mediatiche è considerata un problema da “rimediare”. La separazione tra scena e spettatore è d’altra parte alla base della nozione di spettacolo secondo Debord (1967). Distante dal luogo in cui si dà l’azione, lo spettatore non fa che contemplare un evento a cui non appartiene. La conseguenza, nei due casi, è l’alienazione: la depossessione delle nostre capacità di agire e pensare. Queste concezioni discutibili della pratica spettatoriale spiegano alcuni modi di intendere le evoluzioni mediatiche come risposte a dei problemi sociali (la mancanza di attività dei minori davanti agli schermi, per esempio: il recente rapporto sull’esposizione agli schermi del governo francese non è esente da considerazioni in questo senso). Come soluzione al primo problema, la passività, certe teorie propongono la distanziazione brechtiana, mentre le evoluzioni tecnologiche promettono una maggiore interattività (Rancière, 2008). Un testo ormai classico dei media studies considera tuttavia anche questa soluzione un mito per le stesse ragioni enunciate da Duhamel (Manovich, 2001). L’immersività, dal canto suo, promette di oltrepassare la separazione tra spazio della rappresentazione e spazio della visione, opponendosi alla « dittatura della cornice » (« the Dictatorship of the Frame » : Alejandro Inarritu a proposito del suo Carne y Arena, 2017). Il corpo diventa dunque il nuovo gaze di un’esperienza la cui promessa empatica è essenzialmente portata dalla soggettiva (Dalmasso, 2019). Possiamo affermare dunque che oggi le esperienze immersive permettono di emanciparci dalle costrizioni dei dispositivi? E ha ancora senso parlare di spettatorialità per le opere immersive? Attraverso alcune figure (lo spettro e l’automa, Treleani, 2016) e l’analisi di due case studies (Colored e En amour in competizione al Festival di Cannes nel 2024) vedremo come le opere immersive riproducano l’attuale pervasività dei media, concependo una figura di spettatore migrante, indotto a ridefinirsi costantemente tra diversi quadri enunciativi.

Baudry, J-L « Le dispositif : approches métapsychologiques de l’impression de réalité », Communications, no 23, 1975.
Benjamin, W. (1939) The Work of Art in the Age of Mechanical Reproduction. Schocken Books (1969)
Debord, G. (1967) La société du spectacle, Buchet-Chastel
Dalmasso, A-C. (2019) « The Body as Virtual Frame » in Cinema & Cie vol. 32
Derrida, J. (1993) Spectres de Marx, Éditions Galilée
Duhamel, G. (1931) Scènes de vie future. Editions Mille et Une nuits (2003)
Eugeni, R. (2018) « Temporalità sovrapposte. Articolazione del tempo e costruzione della presenza nei media immersivi » in Rabbito, A. La cultura visuale del XXI secolo, Meltemi.
Jost, F. Treleani, M. (2020) « Présentation du dossier Le spectateur numérique » in Télévision, 2020/1 n. 11
Jost, F. (2020) « Portrait du spectateur interactif en musicien » in Télévision, 2020/1 n.11
Manovich, L. (2001) The Language of New Media. MIT Press.
Pinotti, A. (2020) Towards an An-Iconology: the Image as Environment. in Screen 61:4 Winter 2020.
Rancière, J. (2008) Le spectateur émancipé, La fabrique éditions.
Treleani, M. (2016) « Du spectre à l’automate. Deux figures du spectateur numérique » in Chateauvert, J. Delavaud, G. (dir.) D’un écran l’autre, Ina Editions.